A Capodanno è usanza italiana buttare le cose vecchie, tanto che (specialmente al sud) nei tempi antichi si vedevano strade piene di qualsiasi cosa si potesse buttare giù da balconi e finestre. Piatti, bicchieri e persino vecchi sanitari per le strade… liberarsi del vecchio pronti ad accogliere le novità dell’anno venturo. Più o meno, nonostante il salto di continente e di secoli, è lo stesso significato alla base del Chaharshanbe Suri persiano, dalle origini antichissime (1700 aC), il cui Festival è un preludio al Nuovo Anno persiano, che cade in corrispondenza dell’equinozio di primavera.
Il Chaharshanbe Suri, invece, si celebra alla vigilia dell’ultimo mercoledì prima di Nowruz (Capodanno). Letteralmente mercoledì (chaharshanbe) rosso (sur), in riferimento al fuoco (detto anche Fireworks Wednesday), solitamente viene celebrato la sera, con persone che allestiscono falò da saltare e fuochi d’artificio. I persiani saltando il fuoco usano tradizionalmente cantare i versi “zardi ye man az to, sorkhi ye to az man”, che tradotti dicono più o meno così: “giallo mio a te, rosso tuo a me”. Il senso è di lasciare il giallo, ossia la malattia (il colore allude infatti al colorito di chi non gode di ottima salute) ai nemici, e tenere per sé la vitalità (il rosso allude al vigore del sangue). In senso lato il salto invita a buttare ciò che c’è stato di negativo durante l’anno passato per accogliere la positività del nuovo anno.